Gita ad Auschwitz - Flo' in viaggio

Visita ad Auschwitz: la follia del genere umano

La visita ad Auschwitz è una visita da fare solo se ci si sente pronti.

Ero molto indecisa se fare la visita ad Auschwitz, perché sapevo sarebbe stata un’esperienza parecchio forte, memore dei campi visti in Germania. Inoltre, essendo sola, non avevo nessuno con cui farmi forza.  Ma il senso di colpa mi ha pervaso. Non fare la visita ad Auschwitz voleva dire chiudere un occhio, non affrontare la realtà. E’ un pezzo di storia che non si può dimenticare. Quello che vi racconterò sarà la mia esperienza personale, le sensazioni provate.

Ho prenotato l’escursione all’agenzia di Cracovia sotto al fondaco dei tessuti. Non ho avuto problemi a trovare posto, perciò potete prenotarla una volta arrivati in città. Ci sono moltissime agenzie che organizzano la visita ad Auschwitz e il costo è più o meno di 150 szloty (circa 30 €).
Mi sono affidata al tour SeeKrakow, con i quali ho fatto anche la gita alla miniera di Wieliczka. Mi sono trovata abbastanza bene, perché alla fine è quasi tutto compreso. L’unica cosa che non offrono è il pranzo, ma ci sono i bar in cui poter comprare qualcosa durante le pause.

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Portatevi uno zainetto piccolino e il minimo indispensabile perché i controlli al campo sono molto rigidi e dovrete passare sotto al metal detector.

E’ possibile visitare Auschwitz anche da soli, ma da Cracovia bisogna prendere un treno fino a Oswiecim, a più di tre chilometri dal campo di concentramento. Perciò è meglio prendere un pullman dalla stazione di Cracovia.  Qui il sito della stazione. Potete visitare il primo campo prendendo una guida direttamente sul posto. Sinceramente vi sconsiglio di girare senza guida non solo per capire come muovervi, ma soprattutto per apprendere fatti che sui libri non vengono raccontati.

Per raggiungere Auschwitz ci vuole un’ora e mezza e la visita comprende anche la visita al campo di Birkenau. Questo vuol dire spendere una giornata intera per la gita. La notte prima ho dormito con la televisione accesa per la tensione. Avevo paura di non reggere, di sognare quello che avrei visto e sentito. La mattina dopo, sul pullman c’era un silenzio tombale, un po’ perché era presto, un po’ perché evidentemente avevamo tutti gli stessi pensieri. Ad ogni rallentamento del pullman alzavamo tutti la testa per vedere se fossimo arrivati.

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Una volta lì, la scena che ci si è prospettata davanti era da film: brutto tempo, un’umidità che bagnava la faccia e fanghiglia per terra. Il primo campo che abbiamo visitato è stato Auschwitz. L’impatto visivo ed emotivo dei due campi è diverso.

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Auschwitz è diventato un vero e proprio museo, perciò vedrete molti gruppi girare in silenzio (si tratta di uno dei cimiteri più grandi al mondo) e non farete caso, forse, al fatto che si sta camminando dove un tempo la gente dormiva, viveva in condizioni pietose e moriva.
Occhiali, valigie, utensili e tonnellate di capelli. Ogni oggetto una vittima. Solo alcuni blocchi sono aperti alla visita, l’ultimo dei quali chiamato “il blocco della morte”.

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Probabilmente per un fatto di protezione, di fronte a ciò che ho visto e alle atrocità sentite, sono rimasta inizialmente impassibile. Non mi ero accorta però, di provare un fastidio sordo, avevo voglia di uscire, non volevo vedere quelle celle, neanche toccare le pareti.

Angoscia.

Sì, credo sia la parola giusta. E rabbia, inutile oramai.
La pesantezza si è fatta più forte e chiara quando ci hanno fatto entrare nell’unica camera a gas presente ad Auschwitz.
E’ incredibile il livello di follia raggiunto dal genere umano. Privare l’uomo della propria identità e dignità. Non si può accettare.

Auschwitz conteneva 450.000 prigionieri. Il maggior numero di deportati arrivava ovviamente dalla Polonia, ma i treni arrivavano fino alla scandinavia. Birkenau, oggi una landa desolata, fu costruito un anno dopo Auschwitz per portare direttamente i prigionieri a morire. Il binario dei treni infatti finiva proprio di fronte alle camere a gas.

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Birkenau era in grado di contenere 950.000 prigionieri e vi trovarono la morte più di un milione di persone. Quello che rimane di questo campo sono solo i comignoli dei vari blocchi, poiché i tedeschi bruciarono tutto durante la liberazione. Anche le due camere a gas sono ormai macerie.

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La visita di Birkenau dura circa due ore, ma quel giorno faceva davvero molto freddo e così abbiamo finito la gita un po’ prima. E pensare che uno di quegli anni la temperatura raggiunse -40°. Quando si parla di attaccamento alla vita…
Ho ringraziato il freddo, perché a un certo punto volevo solo andare via. L’ultima cosa che abbiamo visto è stato un bunker dove venivano tenute le donne che erano destinate alle camere a gas. O perché malate o semplicemente perché avevano risposto male ad una SS. Il bunker era illuminato solo dalle finestrelle sul soffitto e i letti erano dei bancali di legno posti uno sopra l’altro come dei letti a castello. Su ognuno dormivano 4 donne, nude e in condizioni pessime. Qualcuno è riuscito a fare il giro dell’intero bunker.
Io no.

Il ritorno lascia addosso una pesantezza non indifferente. Solo dopo giorni sono riuscita a rivedere le poche foto fatte. Parlando con i miei al telefono della visita, tutte le sensazioni che fino a poco prima erano rimaste sopite, piano piano sono uscite fuori, facendomi rendere conto che non ero affatto rimasta impassibile alla cosa.
La visita ad Auschwitz è da fare, per conoscere, per non dimenticare.

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